Tron: Legacy di Joseph Kosinski è il seguito di Tron del 1982, un film in cui programmatori di computer interagiscono con macchine e programmi sempre più potenti finché uno di questi Kevin Flynn, interpretato da Jeff Bridges, finisce, digitalizzato, all’interno di uno di questi e nella rete informatica. Il film del 2010 parte da suo figlio Sam Flynn, interpretato da Garrett Hedlund, e dalla scomparsa di Kevin. Sam, ormai ventisettenne, finisce digitalizzato, trasformato in codice numerico e ricomposto in forma di energia all’interno della rete virtuale, così come accadde a suo padre. Qui trova programmi autoritari che obbligano altri programmi a giochi mortali tra di loro, e dove i programmi difettosi o ribelli agli ordini vengono cancellati. Sam riconosce di essere all’interno dei programmi e dei giochi inventati da suo padre Kevin.
Questo ambiente è l’evoluzione, tecnologicamente avanzata, della costruzione di un mondo in cui programmi e funzioni informatiche sono impersonate da attori vestiti con tute illuminate che interagiscono in ambienti di aspetto fantascientifico, come torri, stazioni, piste e muovendosi su navicelle, che rappresentano e traducono per lo spettatore lo spazio virtuale e le componenti hardware e software dove i programmi “vivono”. Si riprendono alcuni concetti, forse più chiari a chi ha visto il primo film, piuttosto che a chi vede direttamente questo sequel ma dal 1982 le conoscenze informatiche generali sono più diffuse.
L’eccezionale sguardo “all’interno” di tutto questo ci consente di riflettere sulla complessità delle tecnologie di uso comune e sul rapporto tra mondo virtuale e mondo reale, mentre ci vengono suggerite ipotesi di congiunzioni possibili tra questi due. Così si passa dalla contemplazione di questo ambiente fantastico, ma trasfigurante ciò che usiamo quotidianamente spesso senza saperlo, alla riflessione sulle società possibili sfiorando i concetti filosofici di giustizia, ricerca della perfezione e dove si debba posare il senso delle cose, e della vita.
Il mondo virtuale creato da Kevin Flynn risponde ad un sogno di miglioramento sempre maggiore dei limiti dell’ambiente reale ma quali sono i rischi di questa ricerca e la ricerca di questa possibile perfezione è la cosa migliore?
L’esperienza visiva del film è gestita con la predominanza di oscurità e fasci di luce, due componenti opposte e fondamentali, come il codice binario basilare dell’alfabeto informatico. La colonna sonora elettro pop dei Daft Punk è adatta nel ricreare atmosfere da videogame che poi vanno oltre. Così come nel mondo vero, e non solo del film, una realtà dove l’elettronica ha invaso la musica e gli altri ambienti apparentemente meno virtuali e rappresentanti l’umanità, dai videoclip, al cinema, alle discoteche fino alle modalità di comunicazioni interpersonali e nelle rappresentazioni artistiche e culturali.