In questa rubrica Pietro Grandi, autore del libro Pixar Story - Passione per il futuro tra arte e tecnologia, dal 2012 al 2016 ha raccontato le storie che provengono dal lavoro di incredibili artisti e tecnici dell'animazione, che con la loro passione ci hanno incantato, formato e ispirato.
Un punto di vista personale, come una luna vista con gli occhi di un bambino, che scaverà in fondo e che cercherà di addentrarsi in questo meraviglioso universo di maestri della narrazione, che ci hanno donato le storie più belle.
Andate sul titolo dell'articolo per visualizzare lo speciale scritto da Pietro nella sua interezza.
La fase di sviluppo di un progetto animato è il momento più liberatorio dell'intera produzione Pixar. Tutti gli artisti, storyteller e tecnici vengono incoraggiati l’un l'altro per esplorare ogni cosa che proviene dalla mente, lasciando fluire la fantasia e l’immaginazione, persino da un oggetto luminoso sulla scrivania di un animatore. Questa grande forza immaginativa venne a John Lasseter con la storia di Luxo Jr. (1986), (video) il cortometraggio più famoso della Pixar, primo vero gioiello realizzato con il marchio Pixar. È da ricordare che il primo corto fu The Adventures of André and Wally B. (1984) (video) ancora targato Lucasfilm Computer Division diretto dal cofondatore Alvy Ray Smith ed animato da un giovane John Lasseter. Una divertente lampada divenne così la mascotte ufficiale per lo studio apparendo all’inizio di ogni film Pixar.
“Sì, in un modo o nell'altro, ho sempre amato i treni.” Così ci racconta Walt Disney sulla rivista Railroad Magazine nell’ottobre del 1965, narrandoci delle sue avventure, della passione e amore per le ferrovie, per i treni a vapore e del suo hobby, quello di giocare con i trenini elettrici. La sua vita in effetti fu un lungo viaggio tra i diversi binari dell’immaginazione. E proprio questa passione è il tema della mostra All Aboard: A Celebration of Walt's Trains, organizzata dal Walt Disney Family Museum e in esibizione a San Francisco dal 13 Novembre 2014 al 9 Febbraio 2015.
Lasseter in ogni suo intervento chiarisce sempre quale sia la poetica Pixar in una semplice frase:
L’arte sfida la tecnologia e la tecnologia ispira l’arte.
L’arte si basa sul colore. Il colore viene spesso trattato come una cosa, ma è un vero fenomeno percettivo per eccellenza ed in Pixar è parte fondante dell’intero film.
Che colore può avere un’idea?
Il colore è legato alle emozioni. Attraverso un colore possiamo provare:
1) Rabbia
2) Paura
3) Tranquillità
4) Tristezza
5) Gioia
6) Sorpresa
Vi siete mai chiesti, guardando alcuni capolavori d’animazione come Pinocchio o Fantasia, come creavano quelle immagini animate? La risposta era sempre un mistero. Ma oggi abbiamo certamente delle risposte grazie alla scoperta di questa incredibile storia. Nel corso degli anni, i segreti degli effetti speciali dei film fantastici sono stati ben documentati da numerosi libri o storie orali che ci hanno raccontato gli strumenti e i metodi. Georges Méliès (1861-1938), pioniere e gran maestro dei trucchi cinematografici, da bravo illusionista, ci lasciò disegni ed annotazioni che rivelarono i dispositivi meccanici ed ottici da lui impiegati in film come The Merry Frolics of Satan (1906). Sulla Golden Age Disneyana e su i suoi metodi riguardanti gli effetti speciali alla fine del 1930 non vi furono ritrovamenti scritti a riguardo. Questo può sembrare sorprendente, considerando la grande quantità di ricerche e scritti sull’animazione Disney e su i suoi personaggi. La credibilità dei disegni nei primi classici Disney fu notevolmente migliorata grazie agli effetti speciali creati con dispositivi ottici e meccanici. Ma addentriamoci nella storia.
In un pomeriggio del febbraio 2007, mia figlia Jeannie ed io ci dirigemmo in macchina fuori città, verso un lungo tappeto rosso… e incontrammo Steve Jobs. Fu un paio d’ore prima che la 79a edizione degli Academy Awards iniziasse, e per arrivare ai nostri posti, noi tre ci facemmo strada attraverso una calca di persone al di fuori del Kodak Theatre nel cuore di Hollywood. Cars fu nominato come miglior film d'animazione e, speranzosi che si aggiudicasse quel premio, eravamo molto nervosi prima dell’inizio dello spettacolo. Eravamo spintonati da chiunque, Steve si guardò intorno al circo che si era creato, donne e uomini si mostravano elegantemente, la folta mischia di intervistatori televisivi, la folla di paparazzi e di curiosi urlanti, le limousine tutte incolonnate sui marciapiedi, e disse: “A questa scena manca solo che un monaco Buddista si dia fuoco.”
Il Walt Disney Family Museum in concomitanza con la mostra antologica su Mary Blair, presenta una nuova esposizione dal titolo Leading Ladies and Femmes Fatales: The Art of Marc Davis. Una mostra allestita all’interno della galleria del teatro del museo che aprirà i battenti dal 30 aprile fino al 3 novembre 2014, co-curata dal direttore del museo delle collezioni e delle mostre, Michael Labrie, e dall’animatore Disney, Andreas Deja. In questa exhibition vengono messi in luce circa 70 disegni originali a matita per l’animazione, artwork concettuali, dipinti, animated cel e fotografie del grande animatore, uno dei componenti dei 9 Old Man e Imagineer, Marc Davis. Davis, nominato Disney Legend nel 1989, disegnò da animatore alcune tra le più difficili primedonne e femmes fatales del mondo animato di Walt Disney, nei famosi classici come Peter Pan (1953), La bella addormentata nel bosco (1956), e La carica dei 101 (1961). Fu un grande maestro della forma umana e della costruzione di figure anatomiche in movimento che portarono questi personaggi femminili alla costruzione di incredibili icone che le ha rese credibili in ognuno di noi.
Quando assisto e partecipo a quasi tutte le riunioni del Braintrust, il mio ruolo primario è quello di fare in modo che gli accordi su cui si basano gli incontri, siano protetti ed accoglienti. Questa parte del nostro lavoro non è mai semplice perché non si possono eliminare totalmente i blocchi per arrivare alla sincerità. La paura di dire qualcosa di stupido e di totalmente sbagliato, di offendere qualcuno o di essere intimidito, per vendetta o per il suo contrario, tutti hanno il modo di riaffermare se stessi. E quando lo si fa, è necessario affrontarlo in maniera netta.
Il Walt Disney Family Museum di San Francisco inaugura in questi giorni una mostra intensa e sensazionale dal titolo
Magic, Color, Flair: The World of Mary Blair, dal 13 marzo al 7 settembre 2014. La mostra è la più completa esplorazione del processo artistico, dei grandi e piccoli mondi di una diva dello stile, allo sviluppo di una delle più importanti designer ed art director dello studio Disney, l’artista e illustratrice Mary Blair. Il tratto giocoso e gioioso dell’amata ed influente Mary Blair, intriso di forme semplici ed accattivanti, unite ai colori puri ed esuberanti, supportarono numerosi film tra i cui i classici Disney come Cenerentola (1950), Alice nel paese delle meraviglie (1951) e Peter Pan (1953), ma soprattutto le attrazioni dei parchi a tema Disney come il Disneyland Resort e il Walt Disney World Resort, in particolare la sua attrazione It’s a Small World. A curare questo incredibile percorso visivo e creativo è lo storico d’animazione John Canemaker, che ha progettato ed organizzato la mostra, oltre a scriverne un catalogo molto completo, per riflettere sull’incredibile carriera della Blair, dagli esordi all’apice presso i Walt Disney Studios attraverso opere d’arte e illustrazioni, manufatti e sculture, fotografie e video.
Anni ‘80. Mostropoli. Torniamo indietro nel tempo agli anni del College. I giovani, Mike Wasowski il secchione e James P. Sullivan il superbo, s’incontrano alla Monsters University per accedere alla prestigiosa Facoltà di Spavento. Peccato che i piani di Mike vengano sconvolti proprio dall’incontro con Sulley, talentuoso e naturale spaventatore. Che competizione sia! Ma questa voglia di sfida per ambire a spaventatori, li farà cacciare dall’Università rendendosi conto che l’unico modo per rimettere le cose a posto sarà quello di far squadra con dei simpatici e orgogliosi mostri nerd.
Suoni e rumori di traffico. La pioggia inizia a cadere invadendo l’intero spazio cittadino, affollato di uomini con i loro ombrelli neri. Mezzi pubblici, auto, bici in movimento, passi che avanzano. I pedoni si fermano al traffico in divenire. Notiamo due puntini colorati: uno blu ed uno rosso. Son due ombrelli con un volto. Gocce cadono su di loro. Godimento per entrambi. Incroci di sguardi. Blue cerca un sorriso verso Umbrella, ma ricomincia la marcia, perdendosi di vista. Ma Blue non molla, vuole assolutamente rivederla. Cerca a tutti i costi di riavvicinarsi. Ma la pioggia e il vento aumentano e Blue viene trascinato via dalle correnti. Aiutato dalla città e dagli elementi che la animano, quali i segnali stradali, i tombini, le insegne e le inferriate, sfiorando bruscamente spigoli e grondaie, in balia della tempesta, sbatte contro ad un camion. Ammaccato e malconcio, tristemente si accascia sull’asfalto. Ma la speranza è l’ultima a morire, e l’uomo, proprietario di Blue, lo raccoglie e lo risistema osservato dalla ragazza dell’ombrello rosso che lo guarda preoccupata. Due sorrisi dal riflesso blu-rosso. L’acquazzone si quieta. Davanti ad un caffè dal sapore parigino, i due ragazzi rincuorano gli animi dei due ombrelli innamorati e le speranze degli oggetti della viva città.
Dal 15 Agosto 2013 al 3 Febbraio 2014, The Walt Disney Family Museum presenta una mostra molto particolare dal titolo: Water to Paper, Paint to Sky: The Art of Tyrus Wong. Curata da Michal Labrie, direttore delle collezioni del museo, la mostra si concentrerà sulla vita e l'opera della leggenda Disney: Tyrus Wong, artista cinese, Californiano d’adozione, celebre pittore, muralista, litografo, disegnatore di poster per Hollywood, calligrafo e ceramista. All'età di 102 anni, Wong, è ancora oggi, un grande visionario del tratto ed il più anziano artista cinese-americano vivente. Questa retrospettiva presenta oltre 150 opere tra dipinti, sculture, opere su carta, sciarpe colorate, aquiloni realizzati e dipinti a mano, e molto altro ancora.
“Un raggio di luce brillante emanò dal proiettore. Ci fu un dolce fruscio, e sullo schermo apparvero centinaia di strane creature che si muovevano di qua e di là, l’immagine s’ingrandì e si vide una singola creatura, che gli scienziati giudicarono vicina alla descrizione dello storico”.
Con queste parole, prese da un racconto fantastico di Isaac Asimov, dal titolo Lezioni di storia, ci tuffiamo nel passato, per alcuni minuti di lettura, compiendo la missione operazione nostalgia con il personaggio più famoso della Disney, nato nel maggio del 1928: Mickey Mouse. Dobbiamo tutto ciò alla Walt Disney Animation Studios che celebra gli 85 anni dell’eroe Topolino, con una serie di cortometraggi in stile anni ’30, ma con l’odierna tecnologia stereoscopica tridimensionale, programmata nei prossimi mesi su Disney Channel e sul canale online. Così un mese fa al festival più prestigioso d’animazione, nella piccola Venezia delle Alpi, Annecy, si è proiettato il primo short dal titolo Get a Horse, prodotto da Dorothy McKim e diretto da Lauren MacMullan, realizzato in 18 mesi e supervisionato dallo storico animatore Eric Goldberg per l’animazione tradizionale e la character design e da Adam Green per la CGI.
Il Ronald Reagan Presidential Library & Museum sorge su un piacevole promontorio della Simi Valley in California, affacciato su una vasta distesa di canyon, querce e salvia costiera, attraversato da un panorama mozzafiato dove le brezze sussurrano al mare e ai monti di Santa Ynez vicino Santa Barbara. Tutto ciò anima e delinea il monumento del 40° presidente degli Stati Uniti d’America, sfiorando i visitatori del passato, levigandone gli angoli, garrendo bandiere e striscioni sull’onda del vento. È molto facile immaginare in questo luogo Ronald Wilson Reagan, nativo del Mid-West, in jeans e cappello da cowboy davanti alla vasta distesa del West. Walter Elias Disney, altro uomo del Mid-West, è arrivato in California nel 1923 e, come Ronald Reagan, è entrato nel mondo dello spettacolo. Entrambi apprezzavano la libertà e hanno sempre pensato che i giorni migliori d'America fossero davanti ai loro occhi. Nel luglio del 1955, quando Walt inaugurò Disneyland, Reagan fu scelto per essere uno dei presentatori dello storico evento televisivo.
Bay Area. Presidio, San Francisco (CA). Ai piedi del monumento simbolo di San Francisco, il Golden Gate bridge, in una ex caserma militare, si erge il magnifico museo interattivo della famiglia Disney, il Walt Disney Family Museum, voluto dalla figlia Diane Disney Miller, per ricordare la storia di suo padre.In questi giorni chiuderà i battenti, il 14 aprile prossimo, una incredibile mostra speciale organizzata dal Walt Disney Animation Research Library e dal Walt Disney Family Museum dal titolo: Biancaneve e i Sette Nani: La Creazione di un Classico per celebrare il primo lungometraggio d'animazione di Walt Disney. La mostra celebra la visione di Walt Disney e l'arte del suo numeroso team composto da 32 animatori, 1032 assistenti, 107 intercalatori (In-betweeners), 10 layout artist, 25 background artist, 65 animatori degli effetti speciali, 158 inchiostratori e pittori senza contare il numeroso personale di produzione.
Peter: Raccontaci come sei arrivato in Pixar e quali sono state le tue esperienze prima di approdare negli studios?
Guido: Sono arrivato nel Gennaio del 1997. Dal 1991 mi occupavo di grafica 3D e in particolare avevo scritto un software di modellazione e visualizzazione chiamato ‘solidThinking’ (www.solidthinking.com). Il programma entrò in commercio nel 1993 in Italia e nel resto del mondo. Tra gli utenti di ‘solidThinking’, uno studente dell’MIT di Boston decise di usare il software per modellare, animare e generare immagini per il suo dottorato di ricerca sull’animazione procedurale in 3D. Grazie a questa tesi, questo studente fu assunto alla Pixar nel 1995 e mostrando il proprio lavoro e programmi che aveva utilizzato, generò interesse a riguardo di ‘solidThinking’. Nell’estate del 1996 fui contattato per un possibile colloquio per andare a lavorare in Pixar.
Peter: “To make Pictures”=Pixar. Lei ed Ed Catmull avete inventato una nuova visione. Come era il vostro rapporto e quali sono i momenti più belli che ricorda con lui all’inizio dei primi test in Pixar?
Alvy: Ed Catmull e io eravamo insieme nella metà degli anni ’70 alla NYIT, dopo di che nei primi ’80 alla Lucasfilm, e dopo co-fondammo la Pixar il 3 Febbraio 1986. Deve essere anche detto che c’era uno straordinario team con noi che ci ha seguito in ogni mossa. Non avremmo potuto fare niente senza quel team. E’ stata una bella amicizia di lavoro. Dovevamo imparare come guidare un’azienda insieme, quando nessuno di noi era in gamba nel fare ciò e abbiamo cominciato con la Pixar. E’ stata dura ma ce l’abbiamo fatta. Pixar=“fare immagini” è un falso verbo spagnolo. Io sono cresciuto in New Mexico, circondato da spagnoli. Adoravo la parola “Laser” perché era un nome, ma suonava come un verbo spagnolo – in tutti i verbi spagnoli la forma infinita finisce in –ir, -er, o –ar. Abbiamo costruito una macchina per Lucas che aveva bisogno di un nome. Io volevo un nome che fosse un sostantivo che suonasse come un verbo spagnolo. Io avevo proposto “Pixer”, ma poi Loren Carpenter uno dei nostri migliori creatori, notò che “Radar” suonava molto high tech. Ho immediatamente risposto che “Pixar” poteva essere anche una forma verbale. E da qui la macchina fu chiamata Pixar (Image Computer). Quando avevamo bisogno di un nome per una nuova compagnia, io suggerì, dopo un tentativo senza successo di partorire un nome in altre maniere, che potevamo usare tranquillamente il nome di una macchina. Tutti quanti si lamentarono e con riluttanza dissero Ok. Così la Pixar ebbe il suo nome.Read an Exclusive Interview with Alvy Ray Smith: A Pixel's Pioneer.
Secondo voi, se la famiglia Gonzaga fosse al potere oggi, avrebbe portato in Italia le opere Pixar per creare la propria galleria delle meraviglie e farsi vanto con i propri ospiti, alla ricerca del bello? Io credo di si. Tutto ciò sembra fantastoria, ma è quel che è accaduto, portando la mostra nella reggia mantovana. Risulta incredibile a molti, ma vedere la mostra Pixar: 25 anni di animazione a Mantova è qualcosa di magico e di sorprendenteper le numerose affinità che si possono trovare tra un luogo storico del rinascimento italiano e la più grande major di animazione americana che ha contribuito a far nascere il rinascimento digitale.
Mantova, tra torri e botteghe, risulta, come dice Philippe Daverio, “una New York antelitteram tra medioevo e rinascimento” alla scoperta di talenti, nuove tecnologie alla ricerca di far quadrare il cerchio di Albertiana e Mantegnesca memoria.
Camminando per tutta la via del Principe, entriamo a Palazzo Te all'interno del Salone delle Fruttiere, dove la mostra è stata allestita. Attraverso portali d'accesso, dipinti da videoproiezioni in movimento e piccole teche aperte alla luce, ideate dall'architetto Fabio Fornasari, si ha la sensazione di essere immersi in una gigantesca wunderkammer del meraviglioso e della meraviglia. Il visitatore si confronta con il rinascimento digitale ed il manierismo moderno, ricco di ricercatezza, inventiva, realismo e verosimiglianza, un portale affacciato sul mondo, come direbbe Leon Battista Alberti.
Bianco e nero. Anni '40. NYC, Manhattan. Mattina.
George aspetta l’ennesimo treno per recarsi al lavoro. Una brezza cambia il senso delle cose. Un foglio fra le sue mani vola, sfiorando il volto di una dolce ragazza, Meg. Le scuse di lui, il sorriso di lei. Uno smack di rossetto rimane come traccia sul foglio. Un semplice sguardo, l’intesa, la scintilla solo per un secondo. La velocità del treno porta via tutto in un attimo. Lo sconforto e la routine dell’impiegato. Il caso, la svolta sul palazzo di fronte. Con fantasia e tenacia, pieghe di carta in volo, planano verso lei. Tentativi falliti per attirare la sua attenzione. Rabbia e disperazione. Magia di un vortice di carta che avvolge il protagonista affranto verso la stazione. Due treni in arrivo. Un soffio, il destino. Lo sguardo, l’amore che si chiude in un cerchio.
Turleneck nero, jeans e scarpe da ginnastica, occhiali circolari, ma soprattutto sguardo intenso verso il pubblico. Sui giornali, sulle copertine del Time, nel mio Mac, ai tuoi keynote, così ti ricordo, Steve. Ogni volta, presentavi al mondo la cosa che avevi amato di più e ideato con il tuo team di lavoro, e ci stupivi, come un illusionista, con le grandi potenzialità dell’oggetto che stavi utilizzando. Volevi cambiare il mondo. Volevi far pensare differente. Volevi farci diventare foolish & hungry. Volevi farci vivere qualcosa di grande e di emozionante. Volevi insegnarci la semplicità e il gusto del bello, e al tempo stesso l’unione tra razionalità e irrazionalità. Volevi vivere il presente guardando al futuro. Questo eri e questo pensavi. Tu sei stato il mio mito e questo non lo dimenticherò facilmente. Tu mi hai insegnato ad essere tenace, a pensare al futuro pur vivendo al massimo il presente, a cambiare mentalità nel segno dell’intelligenza, a far sognare gli altri con idee, progetti ed oggetti mettendoci un’anima. Tu mi hai fatto capire quanto fosse fondamentale e importante amare quello che si faceva nella vita, il proprio lavoro e la propria famiglia, facendo sempre più esperienza, ricerca, battendosi con tenacia nelle proprie idee. In questi mesi ti hanno lodato, denigrato, amato, odiato, venerato e persino fatto risorgere grazie al disegno animato. Ma io non ti ho mai dimenticato.
Silenzio. Notte. Cielo stellato. Mare aperto. Un bambino con due occhioni luccicanti, suo padre e suo nonno si fermano in un punto ad aspettare su di una vecchia barca di legno. Non si vede la terra ferma. Una sorpresa aspetta il piccolo quando scopre lo straordinario lavoro di famiglia. Una luna gigantesca illumina l’intero scenario. Gli occhi del bambino si illuminano vedendo la gigantesca tondità e la sua brillantezza. Riuscirà, il fanciullo, a trovare la direzione giusta salendo su di una lunghissima scala?
Story artist d’eccezione, genovese doc e oggi pixariano, Enrico Casarosa ci porta nel piccola provincia italiana, tinta di storie di pescatori con grande spirito d’iniziativa. Egli rielabora e si ispira ad un racconto del narratore Italo Calvino, dal titolo La distanza della Luna dalla raccolta Le cosmicomiche per immergerci nella piena immaginazione in una sorta di mito per la Luna e per le stelle, una fantasia d’ordine superiore, di tipo onirico, che stabilisce relazioni fra figure e forme primordiali, come la bellezza e la madre generatrice di vita. Una Luna smisurata che fa capolino al mare sulla terra e illumina i tre viandanti sulla barca, attirando sulla sua superficie le stelle per illuminarsi e rendersi più bella agli occhi del mondo.
In una terra di forti tradizioni, ricca di simboli dai linguaggi nascosti, di montagne misteriose, di spiriti naturali che aleggiano nella natura circostante, una donna coraggiosa e ribelle, la principessa Merida, rompe gli schemi e si fa eroina affrontando i pericoli per conquistare la sua libertà.
Così Pixar, nel film Ribelle - The Brave in uscita a giugno, guidata dal creativo John Lasseter, affiancato dai co-registi Mark Andrews e Brenda Chapman, sfida la favola classica della mitologia cavalleresca scozzese, sferrando e rivoluzionando, come è solita fare, l’immaginario di una nuova eroina che pensa alla libertà, difendendo le proprie idee, in un’avventurosa visione d’insieme che ci rimanda ai temi, cari al Medioevo, del meraviglioso, della metamorfosi e dell'immaginario metaforico fra magia e mito.